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Della stessa natura

Prologo

Questo non doveva essere un libro.

All’inizio volevo solo raccogliere storie da raccontare la sera, dei piccoli doni per un’amica, dei tentativi per sollevarla dalla difficile condizione in cui si trovava.
Ero spinta dal solo proposito di portarle un po’ di leggerezza e di distrazione.
Quando all’inizio di giugno decisi di trasferirmi in Salento per trascorrere i mesi estivi come ogni anno, mi sentivo l’animo pesante; negli stessi giorni Annalisa sarebbe entrata a Villa Agnesina, l’Ospis della nostra città.

Seguii ciò che lei mi aveva raccomandato di fare, partire lo stesso, ma non fu una scelta facile. Sarei voluta rimanere per essere pronta a darle una mano, qualora ne avesse avuto bisogno. Ma la decisione di non partire sarebbe stata inutile perché, per le disposizioni Covid, non sarei potuta andare a trovarla ed il mio restare nelle sue vicinanze non le avrebbe portato alcun beneficio.
La concomitanza degli eventi mi faceva sentire completamente inadeguata alle circostanze; l’essere venuta in Salento, terra che tanto amo, trascorrere i giorni tra il sole, la luce  e i colori del mare non era un sollievo, ma acuiva il contrasto stridente con la tristezza e l’apprensione che provavo per le sue condizioni di salute.

Passavo le notti insonni pensando a cosa avrei potuto fare da lontano per lei.
Riflettevo su ciò che ci univa, i viaggi, l’arte, la semplicità delle piccole cose, la schiettezza delle relazioni umane vere e, soprattutto, mi risuonava dentro, come un richiamo ripetuto, il nostro amore per la natura ed in particolare, per tutte le forme vegetali, dagli alberi alle erbe selvatiche più trascurabili. E, ricordando il piacere che provavamo nel conversare insieme, decisi di cercare delle storie che unissero le persone alle piante per potergliele poi raccontare.

In fondo ero in Salento, una terra in molti suoi tratti ancora ancestrale, ricca di  forti legami con la natura, dove il rapporto con la terra è ancora vivo e sentito in modo viscerale. Da quel momento tutto è mutato. Di giorno giravo per i paesi e per le campagne, incontravo le persone che gli amici mi avevano suggerito di ascoltare, seguivo le tracce indicatemi da conoscenti: un giorno era un anziano custode di semi, un altro giorno era un giovane attivista ecologista o il possessore di un antico giardino.

La sera, rientrata a casa, le mandavo con un messaggio le foto scattate nella giornata e poi le telefonavo per raccontarle la storia che avevo appena trovato.
Mi rendeva felice sapere che era riuscita ad uscire dalla sua stanza e che aveva passato un po’ di tempo sotto la chioma di un cedro del parco della clinica e che, soffermandosi a guardare le fronde dell’albero, si era sentita meglio. Qualche mese prima avevamo aperto insieme un dominio su Internet, lo avevamo chiamato “Giardini terapeutici”, avevamo in progetto di dedicarci insieme a quella disciplina in cui entrambe credevamo molto, io mi sarei occupata dei progetti del verde e lei della parte terapeutica.
Annalisa, laureata in Scienze Ambientali, poco prima di entrare in clinica era riuscita a consegnare la tesi annuale all’Associazione italiana medici forestali A.I.Me. di Roma, presso la quale stava conducendo i suoi ultimi studi.

Un giorno mi disse:
“Dopo averti ascoltato mi sento più sollevata e mi ritorna la speranza di potercela fare. Monica, guariscimi con una pianta!”

Se per qualche ragione non ci sentivamo, il giorno dopo mi arrivava un suo messaggio dove mi chiedeva se avevo delle nuove storie. Oramai l’unico interesse della mia giornata consisteva nell’incontrare persone che avessero da raccontarmi della loro relazione particolare con il mondo vegetale e il sapere di poter raccogliere una nuova testimonianza mi induceva a fare chilometri.

Ogni incontro era per me una stupefacente rivelazione e per Annalisa era un modo per distrarsi dalla sua condizione, anche se solo per poco.
Sono stati alcuni amici comuni che, conoscendo quello che stavo facendo, mi hanno spinto a scrivere quanto avevo raccolto e questo libro è nato quasi da solo.

Considero questo libro come un lavoro corale, nato grazie a tutti quelli che hanno saputo indicarmi chi poteva raccontarmi una storia e grazie alle tante persone che, generosamente, hanno condiviso con me le loro passioni, i loro luoghi ed il loro rapporto speciale con le piante.

Con tutti loro ho un debito di gratitudine.

Ho scelto di corredare ogni racconto, con un disegno che mi riconduca a quel particolare incontro e al mondo vegetale di cui si narra, senza trascurare il rapporto di buona vicinanza tra parola e segno, ricercando il modo in cui risuonano tra loro e affidandomi liberamente a ciò che ogni storia ha suscitato in me.

A chi lo desiderasse, questo libro consente di viaggiare alla scoperta dei luoghi dove mi sono recata e di quelle parti del Salento meno conosciute ma ugualmente meravigliose, percorrendo itinerari da guardare con occhi diversi, lasciandosi alle spalle le consuetudini di un turista comune ma seguendo, invece, le ragioni del cuore.

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